Triduo e festa della Medonne du Tremelizze

Quattrocentosessantuno anni. Sono lunghi da leggere, ancor più da vivere nella Storia. Eppure dal 1560 il popolo molfettese non ha più smesso di festeggiare ogni 11 maggio Maria SS. dei Martiri presso l’omonima Basilica con il titolo di Medonne du Tremelizze,per ringraziarla del prodigio operato salvando i cittadini dalle conseguenze di un disastroso terremoto.

Lo ha ricordato il parroco e rettore fra Nicola Violante nei giorni del triduo: il terremoto ebbe il suo epicentro nel mare tra Bisceglie e Barletta e si avvertì in maniera molto forte fino a Bari e in modo più lieve fino a Napoli. Ingente il numero di morti e feriti in tutte le città limitrofe. Tranne che a Molfetta. Si racconta che gli abitanti del centro storico scesero in strada guidati dal vescovo Mons. Nicola Maiorano e, volgendosi verso il santuario, pregarono, affidandosi alla dolcezza dello sguardo della Vergine rappresentata nell’icona del 1188. Sopravvissero tutti e non ci furono danni materiali. Si trattava di un prodigio che solo una fervente preghiera poteva ottenere. Molfetta avvertì chiaramente in quell’occasione quanto Dio potesse essere padre misericordioso e potesse consolare i propri figli in ogni genere di afflizione.

Il Vescovo Mons. Domenico Cornacchia, nella celebrazione dell’11 maggio 2021, ha sottolineato che anche oggi, nel difficile momento storico dettato dalla pandemia, possiamo riscoprire nella misericordia di Dio quella consolazione che non solo sostiene ma anche incoraggia a farsi carico delle sofferenze altrui. Quando si è colti di sorpresa, da un terremoto come da una pandemia, occorre essere desti, saper cogliere chi è nel bisogno quanto e più di noi. Non si può restare indifferenti di fronte al dolore degli altri o alla morte di tanti uomini. Il papa lo aveva già ricordato il 27 marzo 2020, in fondo siamo tutti nella stessa barca. E i molfettesi sanno bene cosa vuol dire essere tutti su una stessa barca, ma sanno anche che, se si adopera tutto l’equipaggio, ci si può salvare, nessuno escluso. Dunque, la premura, l’attenzione verso chi ha bisogno, verso la vita dell’altro deve diventare davvero uno stile di vita. D’altronde, siamo tutti fragili, soprattutto in questo momento, ed è opportuno che tutti si esercitino a essere più umili e più pazienti, gli uni verso gli altri. Questa è l’esortazione più significativa che ci ha lasciato il vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi per questa ennesima festa vissuta insieme a Maria. E nelle sue mani ha affidato tutti, perché ciascuno possa crescere in premura, in cura, guardando a Colei che da sempre, molto prima di quell’11 maggio 1560, ne è maestra.