La devozione mariana del Vescovo Don Tonino Bello
Nella spiritualità del Vescovo don Tonino Bello (1935-1993) emerge una radicata devozione mariana. Essa fu espressa nel tempo con i messaggi che annualmente scrisse per la festa della Madonna dei Martiri, compatrona della città di Molfetta. Tale devozione raggiunse il suo apice nell’anno mariano del 1988, in cui egli dedicò gli scritti quaresimali alla figura della Beata Vergine Maria, che costituirono la base del suo libro Maria, donna dei nostri giorni, composto in gran parte in questo Santuario, elevato a Basilica pontificia minore tramite bolla il 7 aprile 1987. La relativa celebrazione di elevazione fu presieduta dal Card. Mayer, il 7 giugno del medesimo anno, vigilia di Pentecoste, alla presenza di autorità religiose, civili e militari e di migliaia di fedeli. In tale circostanza, rispondendo a un giovane che gli chiedeva cosa volesse significare tale titolo, egli rispose: «Basilica Minore è quella fatta di pietre. Basilica Maggiore è quella fatta di carne. L’uomo, insomma. Basilica Maggiore sono io, sei tu! Basilica Maggiore è questo bambino, è questa vecchietta, è il Signor Cardinale. Casa del Re».
Leggendo i testi di don Tonino sulla Vergine Maria si colgono, sulla base di una solida adesione alla Scrittura e alla Tradizione, due aspetti: il primo è la forte attenzione ai titoli mariani che la Chiesa ha dato a Maria, il secondo è il riferimento magisteriale alla ferialità della Vergine. Egli si rifece, infatti, ad un testo della Apostolicam Actuositatem: «Chi sa quante volte l’ho letta senza provare emozioni. L’altra sera, però, quella frase del Concilio riportata sotto un’immagine della Madonna, mi è parsa così audace che sono andato alla fonte per controllarne l’autenticità. Al quarto paragrafo del decreto sull’Apostolato dei laici c’è scritto testualmente: “Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro”. Intanto, Maria viveva sulla terra, non sulle nuvole; i suoi pensieri non erano campati per aria; i suoi gesti avevano come soggiorno obbligato i perimetri delle cose concrete; anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare con i piedi per terra. Lontana dalle astrattezze dei visionari come dalle evasioni degli scontenti o dalle fughe degli illusionisti, conservava caparbiamente il domicilio nel terribile quotidiano. Ma c’è di più. Viveva una vita comune a tutti, simile cioè alla vita della vicina di casa; beveva l’acqua dello stesso pozzo, pestava il grano nello stesso mortaio, si sedeva al fresco dello stesso cortile. Anche lei tornava stanca, la sera, dopo aver spigolato nei campi. Le sorprese però non sono finite, perché venire a sapere che la vita di Maria fu “piena di sollecitudini familiari e di lavoro”, come la nostra, ci rende questa creatura così inquilina con le fatiche umane, da farci sospettare che la nostra penosa ferialità non debba essere poi così banale come pensiamo» (28 febbraio 1988).
Molte volte il Vescovo Tonino si recava in questo luogo per gustare il silenzio della contemplazione, soprattutto prima della partenza per un viaggio, ma anche al suo ritorno. Si fermava davanti all’immagine della Vergine e vi rimaneva per lungo tempo, proprio come un figlio obbediente che si mette in ascolto delle lezioni di vita della mamma. La Madonna dei Martiri, poi, era il suo faro di luce, perché era certo che lo fosse anche per il popolo molfettese, affidato alla sua amorevole cura di Pastore. Nel 1991, durante l’omelia della festa a lei dedicata, don Tonino esordì con le seguenti parole: «Se nelle tempeste del mare il faro del porto è utile per alcuni, nelle bufere della vita la Vergine dei Martiri è l’indiscusso punto di riferimento per tutti i molfettesi, che si trovino nel mare o che abbiano a che fare con la terra ferma».
La Vergine dei Martiri rappresentava per il Vescovo anche il punto d’unione della città con tutti gli emigrati. Negli scritti che inviava ai molfettesi all’estero o nei viari viaggi in occasione della festa mariana, egli ribadiva con forza la necessità di avere lei come mamma e guida del cammino. Assai suggestiva è la preghiera che scrisse per i molfettesi emigrati in America: «Madre dolcissima di Cristo e Madre nostra, noi molfettesi, che il destino e la povertà hanno condotto a cercare fortuna in terra d’America, vogliamo oggi dichiarare il nostro indistruttibile amore per te. […]. Tu sai che serbiamo gelosamente ancora, intrisa di lacrime, l’immagine tua che la mamma ci mise nella valigia, con la raccomandazione che non avessimo mai a dimenticarci di te, o Madonna dei Martiri, nostra compagna di viaggio e testimone silenziosa delle nostre solitudini. Facci comprendere che il dollaro non è tutto, che la vita non è solo “business”. Che una casa dove si vive onestamente vale più di cento splendide ville dove regna l’ingiustizia e dove manca l’amore […]».
Don Tonino amò la Madre di Gesù fino alla fine, tant’è che gli ultimi periodi della sua vita fece appendere alle pareti della sua stanza le quattro immagini della Vergine, venerata sotto diversi titoli nelle quattro città della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, in modo che dal suo letto di sofferenza, contorto dai dolori della malattia, potesse guardarle da qualsiasi posizione. Ed è proprio la Beata Vergine Maria, “il fiore di grazia gentile”, che custodisce e accompagna il cammino in Cielo dell’amato don Tonino, perché la sua Diocesi e la Chiesa tutta possano presto gioire nel vederlo elevato agli onori degli altari.